Il Mito di Dracula nella Tradizione Romena
(…) Secondo le tesi sostenute da Marinescu, lo stereotipo impressosi nell’immaginario collettivo a seguito della fiction letteraria e dei successivi adattamenti filmici sarebbe frutto di una distorsione sistematica degli elementi simbolici e mitici genuiti rintracciabili nel tessuto della tradizione romena, fino a divenirne un effettivo capovolgimento. Non si spiegherebbe altrimenti, a detta del saggista, come sia stato possibile trasformare un campione della Croce in accolito del demonio, la bevanda di vita salvifica per eccellenza – il sangue – nel laido nutrimento di un non-morto (che lo sottrae ad altre creature trascinandole nel suo destino di dannazione), il lupo, emblema della “funzione spirituale suprema” e “uno dei più antichi animali sacri dell’umanità”, in sinistro vessillifero delle forze diaboliche. E, di seguito, la caratterizzazione infera della cripta-loculo, custode del sonno diurno del “conte”, l’eros macabro e blasfemo diffuso in abbondanza nelle pagine stokeriane, la valenza invertita attribuita al colore nero. (…)
Il testo di Marinescu è preceduto da una puntuale introduzione di Claudio Mutti (cui si deve pure la traduzione) che traccia un nitido ritratto storico del voivoda transilvano corredato di ragguagli linguistici e note aneddotiche sul presunto ispiratore (l’agente britannico ebreo Hermann Wamberger) del travisamento operato da Stoker.
(Luciano Pirrotta, “Area”, marzo 2008)