Eurasia 2-2005
Aprile/giugno
Editoriale (Tiberio Graziani)
L’imperativo dell’Eurasia (Come – Carpentier de Gourdon)
L’Iran, il nodo gordiano del Rimland eurasiatico (Gabriele Garibaldi)
Etnogenesi ed etnosfera (Lev Gumilev)
Dossario: La Russia e i suoi vicini
Le grandi infrastrutture russe (Aldo Braccio)
Russia e Finlandia: incontri e scontri fra est e ovest (Luigi De Anna)
Il nuovo asse eurocontinentale (Henri de Grossouvre)
Razzismo antieuropeo: i pregiudizi russofobici (Dragos Kalajic)
Budapest, Praga, Bucarest (Claudio Mutti)
Stalin tra comunismo e geopolitica (Costanzo Preve)
Ucraina, terra di confine (Daniele Scalea)
La Terza Roma e il Terzo Reich. Dostoevskij e Moeller van den Bruck (Martin A. Schwarz)
Aspetti del putinismo (Ernesto Sultanov)
Europa, Russia, Eurasia:una “geopolitica orizzontale” (Carlo Terracciano)
Il futuro geopolitico della Russia (Gennadij Zjuganov)
Intervista
Sergio Romano, ex ambasciatore italiano a Mosca
Recensioni e Postille
Maria Rusca e Maurizio Simoncelli, Hydrowar (Aldo Braccio)
Alberto Rosselli, La resistenza antisovietica e anticomunista in Europa orientale 1944-1956, (Claudio Mutti)
Né Destra né Sinistra, ma Resistenza! (Enrico Galoppini)
EURASIA. Rivista di Studi Geopolitici, n. 2/2005
Il nuovo numero della rivista di studi geopolitici “Eurasia” (222 pagine), che contiene un dossario su “la Russia e i suoi vicini”, è opportunamente aperto da un contributo di Come Carpentier de Gourdon, L’imperativo dell’Eurasia. Originariamente apparso in francese sul numero di “Nouvelle Ecole” dedicato alla geopolitica, questo articolo ci offre una panoramica della situazione geopolitica odierna e illustra il ruolo che l'”imperativo eurasiatico” vi svolge.
Accompagnata da una scheda su Lev Gumilev, segue poi una serie di brani estratti da Etnogenesi ed etnosfera, un’opera in cui il grande studioso russo ha cercato di collegare – da un punto di vista che ad alcuni potrà apparire “materialistico” – le scienze naturali e quelle storiche, la geografia e l’etnogenesi.
Diversa l’impostazione dello studio di Carlo Terracciano (Europa-Russia-Eurasia: una “geopolitica orizzontale”), che dai fattori geopolitici (materiali) cerca di distillare una Weltanschauung valida a contrastare l’aggressione nordamericana contro il “cuore” dell’Eurasia. Riferendosi all’asse della massima estensione, Terracciano individua una differenza fondamentale tra la geografia verticale dell’America e quella orizzontale dell’Eurasia. la maggior parte del continente eurasiatico è occupata dalla Russia, della quale l’Autore richiama la storia vichinga, bizantina e tartara, al fine di analizzare l’odierna situazione di conflitto. Terracciano parla apertamente del dilemma geostrategico dell’attuale governo russo: “La Russia è stata ingannata e condotta a collaborare con il suo nemico mortale sulla comune piattaforma della ‘lotta al terrorismo islamico’; è stata inchiodata alla guerra cecena, con il suo strascico di errori ed orrori da entrambe le parti, mentre la superpotenza americana si assicurava posizioni strategiche decisive nel cuore d’Eurasia”.
In Vie d’Eurasia, Aldo Braccio ci offre una sintetica e precisa panoramica delle linee energetiche che attraversano la Russia e sono ben lungi dall’avere esaurito il loro potenziale.
Arthur Moeller van den Bruck, figura centrale della Konservative Revolution in Germania, pubblicò assieme a Dmitrij Merezkovskij la prima edizione tedesca dell’opera omnia di Dostoevskij. Per tale edizione Moeller scrisse dei testi introduttivi che sono molto di più che semplici interpretazioni, ma tracciano le linee delle relazioni – problematiche ma promettenti – fra Russia e Germania, fra mondo slavo ed Europa occidentale, fra tradizione e modernità. Ispirandosi alla tradizione russo-ortodossa della “Terza Roma”, Moeller eleborò per la Germania un progetto politico-spirituale di cui si impadronirono successivamente i nazionalsocialisti. Il saggio di Martin A. Schwarz (La Terza Roma e il Terzo Reich. Dostoevskij e Moeller van den Bruck) presenta alcuni estratti provenienti dall’introduzione scritta da Moeller per Dostoevskij. I temi ricorrenti sono quelli dell'”anima slava”, dell'”ostilità verso l’Occidente”, delle “possibilità della Siberia” – un tema, quest’ultimo, che ha direttamente a che fare con la visione moelleriana circa il futuro geopolitico della Russia.
Costanzo Preve, che per lunghi anni si è specializzato in una ricostruzione razionale del marxismo (inteso non come ideologia), sottopone ad un’analisi critica il rapporto esistente fra la versione staliniana del marxismo e la geopolitica staliniana (Stalin tra comunismo e geopolitica). Preve giunge alla conclusione che la cosiddetta sistemazione staliniana del marxismo-leninismo fu in realtà una neutralizzazione del marxismo, ma una neutralizzazione che mirava a contribuire alla creazione di un impero eurasiatico, creazione che sarebbe stata impossibile sulle basi del marxismo tradizionale. Dal punto di vista geopolitico, le realizzazioni di Stalin presentano una notevole consistenza. Oltrepassando i limiti dell’argomento indicato dal titolo, Preve delinea quindi il declino delle realizzazioni geopolitiche di Stalin all’epoca dei suoi successori e la natura ideologica e geopolitica del nuovo “impero” americano, e trova che “l’ipotesi di Haushofer e Schmitt sul dualismo fra potenze terrestri e navali vengono in un certo senso brillantemente confermate”. In contrapposizione alla geopolitica dell’imperialismo statunitense, da lui chiamato “il nuovo stalinismo capitalistico di Bush”, Preve anticipa il concetto di “geopolitica di legittima difesa”, che si trova esposto nel suo libro Filosofia e geopolitica (Edizioni all’insegna del Veltro, Parma 2005, di imminente pubblicazione).
Il segretario del Partito Comunista russo, Gennadij Zjuganov, anche lui autore di un libro (Stato e potenza) pubblicato dalle Edizioni all’insegna del Veltro, è presente in questo numero di “Eurasia” con un saggio su Il futuro geopolitico della Russia. In primo luogo Zjuganov esamina la scuola geopolitica angloamericana (Mackinder e altri), tedesca (haushofer) e russa. Secondo l’Autore, la scuola geopolitica russa è caratterizzata dal fatto che essa non mira al dominio mondiale e affronta le questioni religiose ed etiche in maniera equidistante. Su questi presupposti, il capo comunista difende l’idea di un mondo multipolare e “la restaurazione dell’unità politica del ‘cuore’ del mondo eurasiatico” su base consensuale e volontaria.
I comunisti di Zjuganov hanno frattanto dato vita ad un’alleanza strategica con il partito patriottico Rodina e coi nazionalbolscevichi di Limonov, al fine di subentrare a Putin. D’altro canto, Ernest Sultanov, esperto della Duma, cerca di giustificare alcuni Aspetti del putinismo, concentrando la sua attenzione sul capitalismo di Stato e sulle riforme contro la corruzione. Bisogna dire che in Russia alla corruzione viene attribuito un significato che in “Occidente” si stenta spesso a comprendere. E così Sultanov è convinto che la lotta contro i ribelli ceceni possa essere vinta solo sconfiggendo la corruzione locale, perché non sono motivazioni ideologiche, ma sociali, a svolgere il ruolo decisivo nell’appoggio che i “terroristi” ricevono da parte della popolazione.
Uno dei saggi più lunghi del fascicolo è significativamente consacrato alla russofobia. La russofobia infatti è una caratteristica costante del discorso americano ed europeo. Come l’autore serbo Dragos Kalajic dimostra nel suo articolo (Razzismo antieuropeo: i pregiudizi russofobici), ad esserne responsabili non sono soltanto vecchi stereotipi relativi all’elemento “barbarico” della storia russa (da Ivan il Terribile a Rasputin a Stalin), ma anche una consapevole e lucida strategia antirussa, formulata da Harold Mackinder e continuamente seguita dai governi statunitensi. Tale strategia si trova esposta nella seconda parte dello studio di Kalajic.
Il dossario di questo fascicolo di “Eurasia” non riguarda unicamente la Russia, ma concerne anche alcuni dei paesi ad essa adiacenti. Il “parente” più stretto della Russia – oltre alla Russia Bianca – è certamente l’Ucraina. Tutto quello che si può sapere di questo paese – o quasi – ce lo dice Daniele Scalea nel saggio Ucraina, terra di confine: dagli esordi storici fino al recente putsch “arancione” sostenuto dagli USA.
Quanto alla Finlandia, se è vero che questo paese è oggetto di una attenzione molto minore, è anche vero che non è sempre stato così, in quanto il suo rapporto con la Russia e con l’URSS ha avuto una grande importanza. Luigi G. de Anna, professore all’università finlandese di Turku, si è occupato per l’appunto di questo argomento nell’articolo Russia e Finlandia: incontri e scontri fra est ed ovest.
Claudio Mutti si dimostra ancora una volta un eccellente esperto dell’Europa centro-orientale, proponendo un saggio (Budapest, Praga, Bucarest) che mette a fuoco gli eventi di tre anni fatali: il 1956 per l’Ungheria, il 1968 per la Cecoslovacchia, il 1989 per la Romania. Che l’esame storico intrapreso da Mutti non sia di tipo convenzionale, lo si può vedere, ad esempio, dal paragrafo sulla “primavera sionista” di Praga. Ma anche il golpe romeno del 1989 viene presentato in un contesto ricco di particolari inediti e rivelatori.
Di un vicino eurasiatico della Russia alquanto diverso da quelli europei, un paese della massima importanza geostrategica, si occupa Gabriele Garibaldi in L’Iran, il nodo gordiano del Rimland eurasiatico. Il titolo si riferisce evidentemente a un concetto espresso dala fondatore della geopolitica angloamericana, Harold Mackinder: “Chi controlla il Rimland, controlla l’Eurasia; chi controlla l’Eurasia, controlla il destino del mondo”. In effetti la strategia generale degli USA, che si ispira a questa norma, sta già concentrando sull’Iran la propria attenzione e la propria tattica eversiva. L’Autore mette a nudo gli obiettivi della strategia che si cela dietro la maschera dei “diritti umani” ed agita lo spauracchio di minacce nucleari. Meno spazio viene dato alla controstrategia iraniana, che spesso è fraintesa anche negli ambienti più favorevoli all’Iran. Comunque, è un dato di fatto che la situazione venutasi a creare nel Golfo Persico e nel Caucaso non ha solo portato all’accerchiamento americano dell’Iran, ma ha anche creato nuove opportunità per la creazione di un grande spazio irano-sciita ai confini meridionali dell’impero russo.
M. S.