La Repubblica Sociale Italiana a Reggio Emilia 1945
Per descrivere l’atmosfera del 1945 a Reggio Emilia un esponente fascista parlò di un “mare di sangue”. La guerriglia antifascista, appoggiata dall’aviazione e dai servizi speciali angloamericani, non ebbe remore nel praticare ogni tipo di violenza. Pur di mettere a segno qualche insignificante attacco ai convogli tedeschi sulla Via Emilia, i partigiani provocarono le più
dure rappresaglie; ma soprattutto furono autori di continui atti terroristici (sabotaggi, agguati, omicidi, sequestri di persona, rapine) che portarono la violenza fratricida a livelli mai conosciuti prima d’allora nel reggiano. Ciò non impedì ai fascisti reggiani di impegnarsi nel tentativo di realizzare il programma rivoluzionario repubblicano e di difendere la RSI con le armi in pugno. Nell’ultima settimana dell’aprile 1945 un nucleo di combattenti reggiani raggiunse il “ridotto alpino” in Valtellina: a quanto finora risulta, il loro reparto fu l’ultimo a deporre le armi.
Con l’invasione angloamericana, la mattanza partigiana e la restaurazione del vecchio regime democratico, la realtà storica dovette cedere alle esigenze
della propaganda, sicché nei confronti del fascismo repubblicano venne decretata la damnatio memoriae.